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Caporal maggiore dell’esercito con due bambini piccoli, ha ottenuto dai giudici del Consiglio di Stato l’applicazione della legge
che tutela la maternità
Due missioni operative in Iraq e Giordania. Poi la maternità e la necessità – certificata dal medico – di dover stare vicino al più piccolo che soffriva della lontananza della mamma. Ma l’esercito non concede il trasferimento. È la storia di Marianna Di Luzio, 30 anni, due bambini di 3 e 4 anni e un marito con un’impresa edile a Bari. Lei porta la divisa, è un militare. Caporal maggiore. Lavora a Bologna e quella distanza si fa sempre più pesante. Così ha inziato una difficile battaglia personale. E ora il Consiglio di Stato, con sentenza depositata il 10 luglio, le ha dato ragione: aveva diritto al trasferimento temporaneo da Bologna a Bari per ricongiungersi con la sua famiglia e lo Stato dovrà risarcirla con 10 mila euro più le spese processuali.
«Il Consiglio di Stato, ha applicato il 42 bis della legge 151 del 2001 che prevede l’assegnazione temporanea dei lavoratori ad altri uffici. Si applica a tutte le amministrazioni, anche alle forze armate in forza dell’articolo 1493 del nuovo codice militare entrato in vigore a fine 2010 – spiega l’avvocato Adriano Garofalo dello Studio legale Chiaia Noya e associati di Bari che l’ha difesa -è la prima sentenza definitiva contro il ministero della Difesa sul tema: il Consiglio di stato con questa sentenza dice che tutte le norme sulla maternità e paternità si applicano anche ai militari». Sentenza che ribalta la giurisprudenza, perché finora il Consiglio di stato non si era mai espresso sull’applicazione delle nuove norme e l’esercito di norma le richieste di ricongiungimento familiare le rigettava.
L’intervento del Tar di sospensione
In primo grado il Tar dell’Emilia aveva sospeso il provvedimento con cui lo Stato maggiore dell’esercito aveva negato il trasferimento ma il ministero aveva risposto che non l’avrebbe eseguita perché faceva ricorso: «fortunatamente grazie all’umanità dei giudici del Tar la sentenza di merito è stata fissata entro pochi mesi. Dopo 5 giorni la donna era a Bari». Siamo nell’aprile del 2012. Oggi il Consiglio di Stato ha stabilito il risarcimento dello Stato di 10 mila euro più le spese processuali, 3 mila. Ha aiutato avere verificato, grazie ai medici, che il bambino in assenza della mamma, dopo le vacanze di Natale, era peggiorato.
Gli altri che hanno paura
Le cose stanno cambiando, racconta Garofalo. Non però nel senso di aiutare le madri e più in generale i genitori a conciliare lavoro e famiglia: «Ci arrivano molti provvedimenti ’fotocopia’ che dicono che per esigenze di servizio le richieste vengono rigettate». Infatti il trasferimento non è automatico ma si devono tener conto delle esigenze organizzative. «Si incomincia a temere che sia applicato l’articolo 42 bis - continua l’avvocato - C’è una resistenza fortissima da parte dello Stato maggiore dell’esercito in particolare, nell’affermare questa norma sull’unità familiare, tutelata dal punto di vista costituzionale».
Fino ad aprile 2015, la caporal maggiore Di Luzio rimarrà a Bari poi dovrà tornare a Bologna. Ora sta bene ma la sua è stata una battaglia condotta per prima e in solitario. Anche altri cominciano a fare ricorso mentre altri continuano a temere di farlo, in particolare per le ripercussioni sulla carriera che ne potrebbero derivare. _________________ Napo Orso Capo
GLORIA AUDACIAE COMES
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